Giappone seconda parte
Amici a pagamento
Questo caso ci aiuta a comprendere come i costumi sociali e culturali condizionano direttamente e strettamente tutta la nostra vita.
L’idea del signore Takanobu Nishimoto di 45 anni è nata quasi per hobby e per incontrare lui stesso delle perosne con cui parlare, lui è un uomo in affitto, (for rent).
Ora riceve 40 richieste di incontro al giorno, ed ha avuto così succeso da divenire prima un lavoro, ora una vera impresa, che conta più di 60 collaboratori sparsi nel paese. Ogni incontro costa 1000 yen, poco più di 8 euro.
Secondo il signor Nishimoto, il pagamento rende professionale l’incontro e da al cliente il diritto di dirti “ti pago per ascoltarmi”, non si tratta di un appuntamento romantico o culturale, gli incontri avvengono con persone di tutte le età, lavoro o stato psicofisico.
Nishimoto ha già parlato con più di tremila persone.
Nel video vediamo che lo psicologo giapponese chiarisce che i rigidi codici di comportamento giapponese impongono regole nelle quali non è possibile esprimere se stessi completamente e è quindi fonte di timore parlare delle proprie emozioni più intime, anche con le perosne più vicine, perché questo arreca disturbo all’altro.
Nella cultura contemporanea giapponese sviluppatasi in secoli di sanguinose lotte militari interne, infastidire l’altro in un qualsiasi modo è un atto fortemente osteggiato anche negli aspetti più impercettibili, per capire a fondo sarà più chiaro commentando un passaggio del video.
Ad un certo punto vediamo sullo sfondo una ragazza con la mascherina sul viso. Noi occidentali penseremmo che la ragazza la indossa per difendersi dallo smog della città congestionata, invece in Giappone questo significa, che lei potrebbe avere un leggero raffreddore e cosi la mette per non arrecare disturbo agli altri con i suoi eventuali starnuti!
Entrando in questa ottica culturale possiamo capire che condividere liberamente idee, opiinioni, o tanto più sentimenti originali, soggettivi e diversi sorprenderebbero l’interlocutore costringendolo a dare un ascolto e una cosndivisione spiazzante, non prevista dai codici e quindi vissuta come aggressiva.
Ecco cosa dice Nokoda Hyodo la cliente del video:
“C’è il me quando sono con i mei amici, il me con la mia familgia, il me con il mio ragazzo, io creo me stessa sulla base delle persone con cui ho una relazione in quel momento, parlare con qualcuno che non mi conosce mi aiuta a capire meglio me stessa”.
Come dicevamo la forma è per un Giapponese l’essenza della pulizia, perfezione, ordine, quello che è espresso con una forma non codificata, imperfetta, non riconoscibile è vissuto come sbalgiato, quasi riprovevole.
In determinati contesti è tale la vergogna della diversità da portare all’autoeliminazione, retaggio dell’antico rituale samurai del Seppuku o Harakiri, i suicidi negli adolescenti sono ancora oggi molto frequenti.
Sappiamo che introdurre in uno schema rigido e tradizionale una modifica emotivamente intensa rischia di mettere in crisi l’equilibrio con l’altro e espone la persona al pericolo, non solo di non essere capita, ma anche di rimanere traumatizzata dal rifiuto dell’altro, spesso dovuto alla sorpresa.
Diventa ora più comprensibile l’idea dell’uomo in affitto, che per contratto esplicita di non essere interessato ad un ruolo se non quello dell’ascolto libero, non ha aspettative e non ne pretende!
Il dialogo professionale con uno sconosciuto che non ha aspettative, impedisce al cliente di provare una vera vergogna, si ha quindi la possibilità di avere uno spazio dove il giudizio è annullato dove il ruolo personale, di figlia, fidanzata, amica è lascaito fuori.